Perché non permetto ai miei figli di iscriversi sui social

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Forse mi giudicherete esagerata, con una visione ipercritica tendente al tragico.
Da un decennio siamo immersi nel mondo parallelo alla realtà che è quello dei social.
Facebook, Instagram, Twitter sono ormai diventati un prolungamento della nostra quotidianità. Per noi che abbiamo interagito con il mondo attraverso Poste Italiane, è stato un cambiamento graduale.

All’inizio quasi diffidenti abbiamo creato dei profili privati ristretti

Li abbiamo creati a misura di bar in cui incontrare solo gli amici, non a caso i quarantenni vengono canzonati con “caffè???”, perché chi è cresciuto stringendo mani e guardando negli occhi gli interlocutori, ha riportato nel virtuale ciò che creava piacere o armonia nel reale.
Un caffè con amici, fittizio, per simulare un incontro.
All’atto pratico è stato molto più comodo creare incontri sociali sui profili.
Potevi chiacchierare e ridere con gli amici senza preoccuparti di avere il prezzemolo nei denti o la molletta gialla nei capelli.
Lo potevi fare in pigiama, con i peli sulle gambe e lo smalto scrostato, tanto la foto profilo rimandava la tua immagine super truccata nel giorno del matrimonio di una cugina 9 anni prima.

Cosa importava? L’importante era fornire un’immagine di sé, la realtà poi si viveva fuori dallo schermo

E per chi ha conosciuto la netta differenza non è stato un problema diversificare la persona dal personaggio.
“Coscientemente mi mostro in questo modo pur sapendo che siamo solo maschere”, questa sostanzialmente è stata la tendenza, anche se ben presto reale e virtuale si sono mescolati.
La linea di demarcazione è sbiadita e qualcuno si è convinto davvero di essere il numero uno, qualcuno si è illuso che l’altro lo fosse ed è subentrata una leggera frustrazione.
Quel caffè è diventato più amaro. Ultimamente poi, la situazione è degenerata. Se prima ci si comportava con educazione con gli sconosciuti, come se li incontrassimo per caso in fila alla Asl, ora è stata sdoganata la sfrontatezza.
Tutti possono dire di tutto, perché esiste la convinzione che se ti esponi, devi essere pronto a qualsiasi critica costruttiva o distruttiva.
Quella foto profilo è diventata una testa che sbuca dalla sabbia e tutti con la pietra in mano pronti alla lapidazione. In realtà non frega nulla a nessuno della tua vita e del tuo pensiero, ma se lo esprimi, stai dando la possibilità a 100 iracondi di liberarsi e sfogare la propria rabbia.
Come quando sei a dieta e guardi un programma di cucina, non avevi fame ma te l’hanno fatta venire. Se sei intelligente cambi canale, altrimenti ti mangi il tuo stesso fegato.

Quello che doveva unire, creare contatti e ridurre le distanze si è trasformato in un nuovo modo di fare guerra

Perché tutto può essere creato per il bene, poi dipende dall’uso che si fa di ogni cosa. E qui l’esempio maestro è lo zoccolo di legno che diventava un’arma all’occorrenza.
Quasi nessuno riflette più, non c’è tempo, si deve fare in fretta perché tra pochi secondi il post finirà nel dimenticatoio.
E allora svelti, commentiamo, diciamo la nostra opinione su tutto e su tutti anche se non abbiamo mai capito nulla di quell’argomento, è un nostro diritto farlo!
Gli unicorni vomitano arcobaleni, gli utenti social spesso vomitano odio, frustrazione, senso di inadeguatezza, queste debolezze son state sfruttate da chi ha capito l’antifona.
Qualcuno si è piazzato lì con la seggiolina da pescatore, la canna da pesca e gli ami e ha iniziato a posizionare le esche. Esca del nero migrante. Dieci mila pesci vomitosi abboccati.
Esca della mamma no vax. cinque mila pesci vomitosi abboccati.
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Bambini sui social

Esca del personaggio pubblico deceduto.

Sette mila pesci vomitosi, esca del personaggio pubblico vivo e ricchissimo.
Dieci mila pesci. Ora arrivo al punto.
Se questo modo di vivere il social ha fregato noi, che conosciamo benissimo la differenza tra virtuale e reale e che siamo cresciuti lontani da questa frenetica corsa all’apparire, al dimostrare infelici una felicità che non esiste, cosa può fare ai nati dieci anni fa?
Cosa può fare a una mente che non ha mai avuto modo di riflettere perché ha trovato questo mondo già tutto di corsa, che non ha mai parlato con il cuore in mano perché in mano c’è lo smartphone?
La mente dei nostri figli è bombardata di informazioni fin dalla più tenera età, non hanno il tempo di elaborare, ricevono e rimandano indietro.

Non conoscono la noia sana ma si annoiano con tutto

La loro mente non crea, subisce.
Gli atti di bullismo che nascono tra i banchi di scuola si riversano sui social, poi da lì rimbalzano, prendono vigore ed esplodono più potenti di prima nel reale.
Quell’odio che come una cannonata si staglia sulla pagina di fb sotto forma di commento, che ti porta a eliminare un’amicizia che non sopporti più, che ti porta a bloccarla, buca lo schermo e trova modo di saltar fuori diventando eliminazione fisica.
Ci siamo impermeabilizzati al dolore altrui. Persino la morte è un messa velocemente da parte da un Rip di circostanza.
So che il cento per cento di chi leggerà non si riconoscerà per niente in questa descrizione, eppure mi è capitato di trovarmici invischiata, di dovermi difendere da frettolosi, arrabbiati, cattivi, mi è capitato di diventare a mia volta cattiva nel rispondere a tono e di dimenticare il famoso click che spegne “il programma di cucina”.
Ho visto persone diplomatiche su ogni discussione, finché un giorno la discussione non ha toccato il loro punto debole, il loro orticello e allora la diplomazia è andata in vacanza e l’aereo con cui ci è andata è precipitato.
Il motivo per cui non concedo ai miei figli di iscriversi ad un social network lo volete ancora sapere?
Ve lo butto qui: i principali manager dei più grandi social network non hanno permesso ai loro figli adolescenti neppure di tenere un cellulare. Gli chiediamo come mai?

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