Il ciclo è un lusso e l’IVA sugli assorbenti uno scandalo

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Il ciclo torna a far discutere. Sembra assurdo, ma nel 2019 c’è ancora chi specula su un processo biologico che fa parte del nostro essere donne. E così le polemiche non si placano. Perché secondo le ultime stime di mercato, a quanto pare, essere una donna e avere il ciclo vuol dire fare parte di un’elite.

Assorbenti e tamponi sono classificati attualmente come luxury goods – almeno secondo il loro valore d’imposta. Che è uno dei più alti e sproporzionati in tutto il mondo.

Ma perché in Italia gli assorbenti costano così tanto?

Semplicemente perché, per assurdo, da noi gli assorbenti non sono considerati un “bene primario” come avviene, invece, in altri Paesi del mondo.

Il “lusso” di avere il ciclo

Un concetto che dovrebbe essere chiaro a chiunque è che il ciclo è una parte naturale della biologia femminile. Non è qualcosa che noi donne possiamo scegliere di avere o non avere; semplicemente, “ci tocca”, dal momento in cui raggiungiamo la pubertà fino ai giorni della menopausa.

Quindi la definizione di “lusso” è quantomai ridicola. Perché un lusso è qualcosa che si sceglie, un surplus, un’ostentazione di ricchezza.

Il ciclo? Per le donne è un "lusso"

Il lusso di acquistare assorbenti e tamponi per il ciclo

Al contrario, gli assorbenti o i tamponi per noi donne sono una necessità igienica di uso quotidiano.

E nei secoli passati, quando gli assorbenti non esistevano? Le donne hanno sempre avuto la stessa fisiologia e in un modo o nell’altro sono riuscite ad arrangiarsi e sopravvivere.

Verissimo.  Ma il progresso, i materiali e le risorse moderne sono una realtà, e hanno rivoluzionato il nostro modo di rapportarci al ciclo così come hanno rivoluzionato ogni aspetto della vita quotidiana.

Anche i vestiti, il cibo che consumiamo, i mezzi di trasporto, gli usi e i costumi si sono evoluti rispetto ai secoli scorsi. Eppure non veniamo mai tacciati di presunzione per questo.

Al contrario, se una donna ha il ciclo e si lamenta per i costi assurdi degli assorbenti, è una privilegiata che si serve di beni di lusso e deve pagarli come tali.

IVA al 22%, tra le più alte nel mondo

Attualmente, l’IVA sui prodotti per il ciclo è del 22%. Una fra le più alte in assoluto, e la cosa non può che indignare chiunque sia donna, moglie, madre.

Eppure i tentativi di cambiare le cose ci sono state. E continuano a esserci.

Solo poche settimane fa, alla Camera, si era dibattuto di abbassare l’IVA sugli assorbenti a un più ragionevole 5%. Consentendo di abbassare i costi e restituire dignità alle donne, “tassate” semplicemente per un processo biologico.

Invece, anche stavolta, dal governo c’è stata fumata nera. Qualcuno ha addirittura paragonato il costo degli assorbenti a quello dei pannolini per neonati, ritenuti a loro volta beni di lusso (e pagati come tali).

La differenza fondamentale è che la maternità è sempre e comunque una scelta individuale per ogni donna. Certo, può essere un valore aggiunto, ma non è assolutamente obbligatoria. Avere figli non è qualcosa che ci viene imposto, e se pensiamo di non poter fronteggiare gli oneri che comporta, possiamo concederci il lusso (questo sì!) di aspettare tempi migliori.

Il ciclo? Per le donne è un "lusso"

Il ciclo è sempre più costoso, fino a 150 euro all’anno (e anche di più)

Al contrario, il ciclo non aspetta un bel niente. E ci accomuna tutte; povere, ricche, di destra o di sinistra. Quindi non si capisce davvero perché qualcosa di imprescindibile e indipendente dalla nostra volontà (o dal nostro controllo) debba essere tassato al pari di articoli di lusso.

Nascere donna non è un lusso, è semplicemente un dato di fatto. Che però viene a pesare sulla nostra situazione economica, generando un business milionario che ricade sulle nostre tasche.

Senza considerate poi che ogni donna è diversa e avrà quindi mestruazioni diverse. Il che comporta un’oscillazione dei costi; mediamente, però, si calcola che una donna in età fertile spenda fino a 150 euro all’anno di assorbenti. Una cifra che nel 2019 non può (e non deve) smettere di far indignare.

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