Il ciclo è mio e me lo gestisco io, addio sorveglianza mestruale

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App che monitorano il ciclo; poco sicure?

Il ciclo è un aspetto importante nella vita di noi donne. E per chi vuole diventare mamma spesso può essere un problema non da poco tenere conto dei giorni fertili più indicati al concepimento.

Non sorprende quindi che sul Web proliferino le applicazioni e i software che si occupano proprio di fertilità, ciclo mestruale e ovulazione.

Per una spesa minima (a volte anche gratis) questi strumenti consentono di tenere sotto controllo l’attività delle proprie ovaie.

Ma dagli Stati Uniti arriva l’allarme. Infatti l’utilizzo che queste applicazioni fanno dei nostri dati sensibili e personali non sarebbe poi così trasparente come previsto.

E sulla faccenda si allunga l’ombra inquietante della sorveglianza mestruale da parte delle aziende.

Le app per controllare il ciclo e i giorni fertili

Come abbiamo visto ci sono diverse app studiate appositamente per chi vuole tenere sotto osservazione il ciclo. Oppure sta cercando di individuare il momento migliore per concepire.

Fra queste una delle più autorevoli era sempre stata “Ovia Health”. Un’azienda specializzata nei prodotti di femtech, ossia dedicati al mondo femminile. In particolare per quanto riguarda la salute e la fertilità.

App per controllare il ciclo

Le app per controllare il ciclo; utili in apparenza, ma anche sicure?

L’app OviaTech monitora i giorni del ciclo, e il suo intento sarebbe sulla carta quello di aiutare le donne nella pianificazione familiare. Ma Ovia non è certo l’unica app di questo tipo.

Analoga come funzionamento è per esempio la Clue, sviluppata a Berlino nel 2013. Ma basta una qualunque ricerca su uno store di app per ritrovarsi sommerse dai risultati.

Questi programmi potrebbero anche essere utili, in quanto versione “digitale” del più classico calendario. Il problema è che per utilizzarle dobbiamo condividere con l’applicazione i dati più personali che una donna possa avere.

E se l’anonimato di un programma o di un’app ci dà comunque una sensazione di sicurezza, il pericolo è dietro l’angolo. Perché i dati raccolti, anche se in forma anonima, sono stati ceduti spesso alle aziende.

La sorveglianza mestruale sul posto di lavoro

In generale il ciclo di una donna dovrebbe riguardare solamente lei, il suo compagno e la sua famiglia. Purtroppo le aziende non hanno il benché minimo scrupolo a sorvegliare anche la vita privata delle dipendenti.

Il “rischio” più grosso in un ambiente di lavoro, è che una donna possa rimanere incinta e richiedere quindi un’aspettativa.

Gravidanza al lavoro

Una gravidanza sul lavoro può essere fonte di discriminazione

Le lavoratrici gestanti sono spesso sottoposte a ogni sorta di discriminazione sul posto di lavoro. Una discriminazione che, con l’ausilio dei dati raccolti tramite le app, potrebbe scatenare un’autentica sorveglianza mestruale.

E se vi sembrano idee orwelliane, sappiate che purtroppo in molti casi questo già avviene.

Attraverso la sorveglianza mestruale, le aziende possono sorvegliare non solo il ciclo delle dipendenti. Ma anche quante di loro siano in menopausa, quante progettino di avere figli nell’immediato futuro, quante stiano conducendo gravidanze a rischio.

Informazioni di carattere confidenziale che non dovrebbero essere trasmesse a terzi. E che invece sono pagate, profumatamente, dalle aziende.

Gestazione e discriminazione nelle aziende

Il vero pericolo è che queste informazioni raccolte dalle app che monitorano il ciclo possano dare origine a episodi di discriminazione ancora più marcati.

Le lavoratrici potrebbero vedersi negate promozioni o avanzamenti di carriera solamente perché, da un controllo incrociato dei dati, risultano compatibili con quanto trasmesso dalle app di pianificazione famigliare.

Le app che sorvegliano il ciclo e le lavoratrici in gravidanza

La sorveglianza delle app che controllano il ciclo potrebbe complicare la vita delle lavoratrici che progettano una gravidanza

L’anonimato infatti non è più una garanzia di sicurezza. Soprattutto nel caso delle aziende con poche dipendenti in età fertile, o con poche gravidanze in contemporanea.

Per datori di lavoro senza scrupoli, insomma, identificare le lavoratrici in dolce attesa (o che progettano di avere dei bambini) non sarebbe troppo difficile. E le case produttrici di queste app, che dovrebbero tutelare la privacy degli utenti, sono fin troppo disposte a capitolare per denaro.

L’ombra della sorveglianza mestruale potrebbe allungarsi anche sull’Italia. Perché a importare le cattive abitudini degli Stati Uniti, si sa, siamo bravissimi.

E a voi è mai capitato di essere discriminate sul posto di lavoro in quanto mamme o aspiranti tali?

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