L’sos di una Figlia disperata

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“Mio papà dimenticato dalla politica rischia di morire senza la famiglia al suo fianco”

Ho voluto accogliere il grido di disperazione di Mariella (nome di fantasia per tutelare la privacy del papà ricoverato) perché venga ascoltata dalle Autorità competenti.
Mariella, insegnante, non solo vive l’incubo del COVID-19, ma si ritrova a combattere un’altra battagliata tutta personale.

Da due mesi suo papà, 70 anni, è ricoverato in un hospice, paziente oncologico terminale e bisognoso di assistenze ospedaliere, ma mai avrebbe pensato all’arrivo di questo invisibile e pericolo virus. Le visite da parte dei parenti vengono immediatamente vietate e Mariella non può più assistere il suo adorato papà. Ha paura che muoia senza dignità e senza potergli stringere la mano.

Leggete il suo accorato appello e condividete il più possibile affinché  sia un esempio di coraggio e un aiuto per tanti altri sofferenti.

Cosa ti affligge di più?

figliaIntanto ti ringrazio Laila per aver ascoltato il mio grido di aiuto. È una rarità interessarsi al malato terminale che per la società non è più una risorsa ma solo un peso.
Da figlia di un malato terminale, sono mesi ormai che la disperazione cresce di giorno in giorno. Ci si confronta quotidianamente con un senso di impotenza legata al progredire della malattia e ci si interroga se si può fare ancora qualcosa. Un’ultima cosa.

E io oggi una risposta a questa domanda l’ho trovata: ridare un po’ di dignità a mio padre e fare per lui tutto ciò che è nelle mie possibilità.  Non potrò arrestare il decorso della malattia, ma da figlia potrò alleggerire le sue sofferenze.

Tuo papà è ricoverato in un hospice ed è senza di voi, cosa chiedi alle Autorità competenti?

Nell’indifferenza generale oggi a noi parenti viene impedito di assistere i nostri cari. Vorrei che ci permettessero con le dovute cautele di poter entrare e di poterlo vedere.  Gli hospice sono chiusi da quasi 2 mesi e i pazienti terminali sono privati di avere accanto i propri affetti. L’unico contatto con l’esterno può essere, laddove le condizioni cliniche lo consentono, una video chiamata altrimenti il buio totale.

Gli hospice sono stati trattati in questa emergenza alla stregua degli altri luoghi di cura. Eppure loro hanno una vocazione importante: quella di accompagnare alla morte. Rappresentano per il paziente la sua ultima casa. Una casa non scelta ma imposta dalla malattia dove nonostante tutto si cerca di assaporare quegli ultimi istanti di vita rimasti.

Capisco la tua sofferenza. Con questo divieto tuo papà non può godere della vicinanza dei cari per affrontare il fine vita in maniera più serena, una tristezza

anzianiAssurdo. Sono molto arrabbiata. E spero che il mio grido di aiuto venga ascoltato. Mio padre è arrivato all’ hospice perché la sua condizione clinica non permetteva una gestione domiciliare. Non abbiamo avuto altra possibilità di scelta. La malattia ti spoglia anche della possibilità di morire in casa.

L’unica consolazione che ci restava, è che papà potesse ritrovare in hospice un prolungamento della sua vita familiare e un briciolo di quella dignità frantumata da anni di sofferenze sia fisiche e mentali.
Oggi però questo conforto viene a mancare. Si è “violata” la possibilità di vivere il fine vita con quel supporto insostituibile che è la famiglia.

Dove hanno sbagliato?

Si è agito con ordinanze, decreti, senza davvero interrogarsi su quale fosse la vera tutela non del malato ma per il malato. Un malato è prima di tutto un individuo che ha il sacrosanto diritto di scegliere ciò che ritiene opportuno, adducendo le motivazioni che crede.

Non riconoscergli il diritto di decidere cosa preferirebbe è intollerabile, soprattutto quando si è consapevoli di trovarsi nella fase terminale della propria esistenza.

Una vita che si conclude da SOLI.

Si è stati privati della libertà di decidere sul proprio fine vita in un momento dell’esistenza dove si preferirebbe rischiare quei pochi giorni rimasti pur di essere circondati dai propri cari. L’angoscia per la morte imminente è una sensazione devastante. Non ci sono farmaci o tecniche psicoterapiche che tengano. La famiglia ha un ruolo fondamentale nell’alleggerire questa oppressione.

Come vuoi concludere questo tuo SOS?

C’è un’unica certezza per noi parenti e per il malato che i giorni passati non torneranno più indietro per chi sta lasciando la vita. Non ci sarà una seconda possibilità.
Non è tempo più di divieti. Questo è il tempo delle ultime parole, gesti, carezze e silenzi.
Spero che questo grido di aiuto trovi risposte nelle istituzioni e che queste sentano il peso della responsabilità morale.

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